In
questi mesi abbiamo imparato a conoscere il pH-metro, uno strumento con un simbolo [step 06] ben riconoscibile e che,
sebbene abbia un’origine relativamente recente, ha trovato subito spazio in
diversi ambiti. Abbiamo, a tal proposito, costruito una mappa concettuale [step
27] per rendere aspetti di alcuni suoi ambiti di utilizzo più chiari, ma fare
un riepilogo più generico non potrà che farci bene. Innanzitutto, è bene
ricordare come allo strumento vengano applicati sia principi di tipo
scientifico che di tipo fisico [step 05]. Il pH-metro deve il suo nome [step
01] alla sua applicazione principale: esso infatti, misurando l’acidità di
soluzioni, ha diversi collegamenti [step 14] con diversi ambiti scientifici [step04:clicca qui step 26:clicca qui]. L’ideatore di
questo strumento è Arnold Orville Beckman [step 09], a cui si deve anche l’inizio
della sua costruzione [step 11] , e
successivamente, della sua distribuzione [step 20] e conoscenza, attraverso la
pubblicità [step 13], in giro per il mondo. Abbiamo appena ricordato come
questo oggetto abbia origini molto vicine ai giorni nostri, ma è con nostra
grande sorpresa scoprire che alcuni suoi principi generali fossero già stati
intuiti nell’antichità [step 07]. Come tutti gli strumenti scientifici, il
pH-metro ha un manuale d’utilizzo [step 22] ben preciso, seguito da alcune normative [step 23] e brevetti [step 17], che ne definiscono i materiali [step 08]
degli elementi costituenti [step 03]. Come si può evincere dallo studio dei
diversi brevetti associati al pH-metro durante gli anni, è evidente notare come
la sua anatomia generale [step 16], a parte alcuni cambiamenti dovuti all’evoluzione
delle tecnologie, sia rimasta bene o male simile. Di conseguenza, dal punto
tecnico (ma non solo), ci sono dei numeri (step 15) che caratterizzano lo
strumento e ci sono d’aiuto per comprenderlo fino in fondo tanto quanto il suo
studio storico.
Immagine d'epoca del pH-metro[step 02]. |